Più di un anno e mezzo fa, il primo gennaio 2023, è entrato in vigore l’obbligo del BIM per tutte le opere pubbliche di importo pari o superiore a 5.350.000 euro. Tra pochi mesi, il primo gennaio 2025, l’importo diminuirà a 1 milione di euro, rendendo di fatto il BIM obbligatorio. Vediamo a che punto siamo in Italia con la digitalizzazione della PA.
Cosa succede con la scadenza di gennaio 2025
L’art. 43 del nuovo Codice appalti definisce l’obbligatorietà del BIM per:
- Bandi di gara con importi superiori al milione di euro;
- Progettazione e realizzazione di opere di nuova costruzione;
- Interventi su costruzioni già esistenti.
L’utilizzo del BIM non sarà invece obbligatorio per:
- Bandi di gara con importi minori di 1 milione di euro;
- Interventi di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, fatta eccezione per tutti quei progetti precedentemente realizzati con il BIM.
La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione in Italia. A che punto siamo oggi?
Il Rapporto OICE del 2023 spiega come lo scorso anno il numero dei bandi BIM sia diminuito, evidenziando un calo del 36,5% rispetto al 2022, con la pubblicazione di solo 637 bandi rispetto ai 1.003 del 2022.
Nonostante questo, la percentuale di bandi di gara che hanno richiesto il BIM ha raggiunto il 32,6% del totale delle procedure.
Un dato in aumento rispetto al 13,7% del 2022, che dimostra come le PA stanno, seppur lentamente, iniziando a recepire le normative.
Perché scegliere il BIM anche quando non è obbligatorio
L’art. 43 del nuovo Codice appalti indica in modo specifico quando utilizzare il BIM e quando è possibile evitarlo.
Questo però non significa che il BIM non vada utilizzato se non obbligatorio. Lo stesso articolo infatti consente l’utilizzo facoltativo del BIM, che:
- Deve avvenire in conformità con i principi e i diritti digitali dell’articolo 19 del nuovo Codice appalti;
- È subordinato all’adozione delle misure stabilite nell’allegato i.9 “metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni”.
L’utilizzo facoltativo del BIM è inoltre incentivato, attraverso la previsione di punteggi premiali per le stazioni appaltanti in sede di gara.
Focus sull’interoperabilità del BIM e sui formati da utilizzare
Sappiamo che il BIM è una metodologia che si basa sulla condivisione e sull’ottimizzazione dei processi. Fondamentale per l’adozione del BIM nella PA è quindi la scelta delle piattaforme e dei formati dei file da utilizzare, per garantire l’interoperabilità e la condivisione dei dati tra le PA e le figure coinvolte nel progetto.
È qui che pone il focus l’articolo 43, comma 3 del nuovo Codice Appalti, che pone il vincolo di utilizzo di formati aperti non proprietari.
L’articolo definisce l’utilizzo di file in formato IFC e la scelta dello standard OpenBIM, per garantire:
- Maggiore controllo e qualità del progetto;
- Riduzione degli errori;
- Diminuzioni di costi e tempistiche;
- Condivisione di dati e informazioni coerenti in ogni fase di progetto.
Cosa devono fare ora le Pubbliche Amministrazioni?
Le Pubbliche Amministrazioni hanno il dovere di adattarsi il prima possibile alla scadenza di gennaio 2025, recependo tutte le normative e gli adempimenti che regolano l’adozione del BIM nella PA.
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